sabato 3 marzo 2012

The eternal assembly of a unfinished....something


Ho già fatto queste cose, pattugliare Hall Point. Ormai la conosco piuttosto bene, intendo…prima di iniziare a lavorarci regolarmente. Lo Skyplex funziona per flussi di gente, quello che bisogna fare è seguirli e guardare le facce. Ormai riesco a farlo anche mentre controllo la posta. C’è l’uomo d’affari che di solito si rinchiude in camera una notte con due accompagnatori e che…ha una fede al dito. C’è la…ehi, quella non la conosco, me la ricorderei con quel…ok, passiamo oltre. C’è il pilota perennemente ubriaco…penso che la sua nave sia partita tempo fa. E poi c’è…


Le lettere mi sono cadute tutte. Conosco questa calligrafia. Intendo la calligrafia della lettera che ha fatto cadere le altre. Non voglio…ah…non voglio stare qui, non voglio…voglio aprirla, ma non voglio aprirla qui. Non…oddio. Oh…no, no, calma, James ha detto che se le fosse successo qualcosa mi avrebbe avvertito. No, io. La. Nave. Vai alla nave, non c’è nessuno ora. Vai.
La Almost Home è allo spazioporto. Un ascensore e un corridoio mi separano dalla nave. In ascensore rigiro la lettera fra le dita un paio di volte. C’è qualcosa dentro, più di un foglio, anche un laccio, un filo, qualcosa. Sto aggrottando la fronte, lo faccio spesso. Voglio fumare, ma non ora, fumare vorrebbe usare una mano sola per tenere la lettera. È ridicolo, ma non voglio tenerla con una mano sola.

Non c’è timbro, non c’è niente. È stata consegnata a mano. Ok, io…ah…potrebbe esserle successo qualcosa. Potrebbe aver saputo dei casini che stiamo passando? Non so se la voglio aprire. Cioè so che la voglio aprire, ma vorrei sapere che c’è scritto prima di aprirla. Quanto ci mette questo ascensore? Ho freddo. Dovrei aprirla adesso, perché sto…le porte si aprono, cammino in fretta. Non fumare, vai alla nave. Ricordati il pod, non sbagliare. 
La stiva si apre, mi infilo all’interno e quando chiudo il portello dietro di me resto al buio. Riesco a muovermi lo stesso, so com’è fatta la nave, ma…apro la lettera, al buio. Non posso leggere quello che c’è scritto, non posso…non leggo. Due fogli, uno legato. La stiva manda un forte odore di chiuso e muffa. Devo farla…devo leggere. Al buio non posso quindi scendo in sala macchine e mi siedo sull’amaca. I fogli sono ancora nella busta, io vorrei, vorrei leggere.

Qui posso fumare. Una sigaretta, mi rigiro i fogli fra le mani, li tiro fuori. Mi chiedo perché ne abbia legato uno. Dovrei leggere l’altro per saperlo, lo apro. Mi piace la sua calligrafia? Dovrebbe piacermi, no? Mi piace. Ma odio che sia solo…una calligrafia. Solo linee, solo…lettere su un foglio. Non leggo, non…sto tossendo? Io non tossisco mentre fumo. Spengo la sigaretta e sento un paio di assistenti che scendono le scale. Chiudo i fogli, li infilo nel browncoat ed esco senza parlargli. Salgo nella mia cabina.

Mi sfilo le armi, tutta la cintura e anche l’accetta nel fodero agganciato alla schiena e mi sdraio sul letto. Ho letto le prime parole in sala macchine. Sta bene. Ok, sta bene, ok. Leggi.
Le manco. Grazie a…cioè, no, è una cosa brutta! Non dovrei…sono contento che io le manchi? Che vuol dire, che sono…ah, accidenti! Rileggo tutto fino a quel punto, mi manca. Mi manca, rileggo quella parte. Non va bene, la sto deludendo e mi manca e…leggi.



Appoggio i fogli sul tavolo e chiudo gli occhi, restando in piedi. La mia testa fa rumore. Avrei voluto che scrivesse di più su qualcosa? Non lo so. Non. Lo. So. Cioè, so com’è, non…non so cosa…so come sono io. E anche lei lo sa. Sa che…aiutare gli altri è importante, sa che aiutarla è…è tutto. Tutto quanto. No, non è tutto quanto, ma sa che chiedere a me qualcosa…la complico, la giro, la rigiro...continuo a complicarla, a non chiamarla con il suo nome. Questa cosa che c'è che...sta qui, nella testa, ma dentro...non nel cervello, più...dentro, più dentro del...ricordo, più...più dentro. Questa cosa, ha un nome e io...la complico per non darglielo.


Mi manca.

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